Hortus Incomptus | viole
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… rings umher eine unaussprechliche Schönheit der Natur.

Come il Werther tutto commozione e palpiti del cuore anch’io vorrei zum Marienkäfer werden per perdermi nella bellezza sorgiva della primavera, diese Jahrszeit der Jugend… I prati sono tappeti persiani di fiori, tutti pennellati del bianco delle pratoline, del celeste delle veroniche, del giallo dei tarassachi. Verrebbe voglia di rotolarcisi, incuranti della terra, dell’allergia, degl’insetti.

lobularia:alisso e spontanee

giungla

fratino

speronella

narcisi bianchi

violacciocche

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Fine marzo

Come spesso succede, il mio piccolo mondo verde è scomposto e caotico. Non pioveva da tempo e oggi, finalmente, è piovuto. Ne approfitto per pubblicare qualche foto dei giorni scorsi.

Sul balcone fioriscono le violacciocche e i tulipani; si preparano a fiorire Convolvulus cneorum e le mie adorate e altrove decantate giuliette. Al posto delle ipomee, stremate dal ragnetto rosso gli scorsi anni, ho deciso di addossare a una grata in legno delle dipladenie bianche e rosa, ancorché a malincuore per il loro successo commerciale che me le rende un po’ sospette.

Il prato misto spontaneo è anche questa primavera un arazzo dalla freschezza naïf, tuttora in fase di metamorfosi perché l’ombrìa della magnolia (abbattuta a gennaio) è sostituita dal solatìo, ora mite ma che si farà impietoso d’estate… Prevalgono i gialli del tarassaco e i bianchi rosati delle pratoline, ma a cercare bene ci sono anche gli azzurri delle veroniche, i rosa più intensi del trifoglio, i blu delle ultime viole. I vicini hanno già rasato il loro prato impeccabile almeno due volte, pelandolo a vivo con decine di viavai del tosaerba per pochi metri quadri. Guardano alla mia giungla con disappunto, un po’ come i vicini di cui parla Michael Pollan in Second Nature, che attentano ai valori comuni della gentry americana colla loro negligenza nella cura del prato, vero totem della middle class e dei suburbs. Non sospettano che ci siano altri modi di concepire il giardino, meno plastificati.

Le malattie crittogamiche sono ancora sotto controllo, ma percepisco come siano lì lì per esplodere non appena le temperature si alzino e l’umidità si faccia insidiosa. Sto passando e ripassando macerato di equiseto, a scopo preventivo, nella speranza che riduca la necessità di passare lo zolfo ramato o il verderame.  Quanto ai parassiti, ho deciso di usare molto di più la semplice lotta manuale, quest’anno, limitando l’uso di prodotti, per naturali che siano, come il legno quassio e l’olio di neem, che di solito utilizzo se ci sono attacchi massicci. Le cavallette sono già in piena proliferazione: si sollevano dal prato (autentica grillaia!) quando ci si passeggia sopra, e si beano al sole sui listelli di legno secco del balcone. Ci sono poi le cavallette tipiche solo dei colli veneti, Barbitistes vicetinus, che anche quest’anno sono già presenti, ancora piccolissime, nelle due versioni verde e melanica. Ne schiaccio tra le dita quante più posso, con sadico piacere misto a disgusto. Ne capto la presenza prima ancora di individuarle grazie ai trafori delle loro rosicchiature su fiori e foglie.

Nella serretta le dalie, che ho ritirato con il loro vaso e protetto con tessuto-non tessuto, stanno germogliando. Che sollievo! Temevo che questa prassi eterodossa riuscisse loro fatale (non avevo reale contezza di quale temperatura raggiungesse la serretta, d’inverno). Non c’era comunque il tempo, a novembre, di estrarle, disinfettarle, riporle, controllando poi che non seccassero né ammuffissero… Sono invece andate le calle bianche (Zantedeschia aethiopica), altra presenza démodé del mio giardino, stroncate dal gran freddo di quest’inverno. Non erano tra le mie presenze predilette, per quelle loro spate candide, senza profumo, di un’eleganza un po’ algida e frigida.

Nei prossimi giorni non avrò molto tempo e la pioggia scatenerà la crescita delle malerbe. Purtroppo avere un giardino progettato in modo scriteriato e caotico significa anche non riuscire bene ad accedere a tutte le zone per il diserbo accurato. Ci si può provare, con evoluzioni e torsioni circensi, ma l’esito è incerto e il rischio di pestare le plantule di fiori nate da sé qua e là (specialmente le speronelle) è molto alto. Sarebbe un delitto! Eppure, un po’ di largo occorre farlo…

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Ultimi giorni per le corolle solari dei narcisi. Poi, occorre avere pazienza finché le foglie si saranno seccate da sé…

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Consistenza cerosa, profumo delizioso, colore pastello: che cosa chiedere di più a un umile fiore?

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Tra le poche piante che non ho ottenuto da seme o divisione o bulbo. Un accostamento un po’ stonato nel mio giardino rosa bianco giallo, ma rompe la monotonia…

Violette (Viola tricolor) nate da sé con esemplari di Trombidium holosericeum o di Balaustium murorum (chiedo venia agli entomologi), l’innocuo ragnetto rosso del cemento o dei muri o del travertino.

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Violette e bergenie: uno splendore…

… mentre le violacciocche sono venute malissimo. Ne ho seminate di doppie, bellissime nelle foto del catalogo di Chiltern Seeds. Ma fin dall’esordio è stato un disastro. A luglio, quando le ho seminate, sono nate senza difficoltà, in quantità industriale. Già pregustavo distese di profumatissime violacciocche di tinte meravigliose. Invece già al primo trapianto nei vasettini ho subìto una vera moria dovuta a nemici temibili attirati dalla torba che uso per le semine: gli sciaridi. Le larve di questi moscerini mangiucchiano le radichette dei semenzali, che si afflosciano su di sé e periscono. Ne ho salvate comunque un bel po’ e ho fatto il secondo errore: per farle riprendere, anche sapendo che sono della famiglia dei cavoli, ho esagerato con la concimazione: sono diventate tutte frondose, con foglie grandi da palme tropicali. Durante l’inverno poi si sono ammalate di muffa grigia e forse anche di asfissia radicale, per via dell’umidità stagnante che qui tutto ricopre e infradicia per mesi: foglie gialle e gemme ammuffite e distrutte. Avrei dovuto dare almeno due passate di verderame, ma d’inverno latitano le giornate libere, soleggiate, asciutte, e in cui il giardiniere non sia preda di umor nero. Risultato? Violacciocche striminzite, alcune decapitate, uno schifo.

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Violacciocca.

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Bucaneve. Uno solo in tutto il giardino, come l’anno passato; vedrò di rimpinguare, quest’autunno.

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Bulbosa minuscola e meravigliosa. Per sbaglio ne ho pestate altre due identiche. Non so che cosa sia, però…

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Pratoline: ce ne sono ovunque, al sole. Più le si pesta, taglia, trascura e meglio vengono.

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Elleboro: finalmente! L’anno scorso non mi ha degnato di fioritura. Dicono che gli ellebori siano come le peonie: dopo il trapianto fanno gli offesi per un po’. Sto aggiungendo cenere al terreno perché sono calcofili.

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Narcisi, fiorituri…

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Si riparte

Le temperature si sono alzate e le giornate sono perlopiù soleggiate o variabili. Non sempre piovose come la scorsa primavera. Si prospettano un risveglio anticipato e un bel daffare con le innaffiature dei vasi e non solo. Forse i miei narcisi a mezz’ombra riusciranno a fiorire tutti, senza abortire per l’eccesso di umidità.

Un rapido giro del giardino: tutto verdeggia e si prepara a esplodere. Ci sono violette davvero ovunque. Ne ho di tre tinte: le classiche viola sul davanti e nel lato est, un tipo più sul lilla o lavanda o mauve nel lato ovest, un tipo bianco nel vaso con la melissa. Poi ci sono varie viole residuate da piante comprate, ma disseminandosi hanno perso i colori originari.

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Aquilegia in vaso, da seme (i semi li ho rubati da un giardino del quartiere, abbandonato, che a mezz’ombra ad aprile è una distesa sterminata di aquilegie, che sembrano un paesaggio incantato). L’anno scorso ha fiorito poco, speriamo meglio quest’anno.

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Violette.

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Altre violette.

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Sedum (ora dovrebbe essere Hylotelephium) che si prepara a esplodere.

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Bergenie. Hanno un sacco di fiori, quest’anno. Certo, sono frugali e robuste, ma trattandole bene si esibiscono in fioriture spettacolari.

Iberis semperflorens, da talea. Sto cercando di rinnovare il “parco piante” perché l’esemplare che ho ereditato è un po’ disordinato. Qui in quartiere ce l’hanno tutti, l’iberide. Ha i fiori da circa un mese, un vero fiore invernale.

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Viole

violette in vaso

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Non sono un grande esperto di viole, ma qui ne ho trovate parecchie. Ne nascono un po’ in tutti gli angoli, quasi tutte sono di colore viola scuro e hanno il classico profumo di violetta (come quelle della seconda foto). Sono violette spontanee, portate dal vento, o forse propagatesi a partire da qualche esemplare piantato qua e là chissà quanti anni fa. Purtroppo, si trovano anche in posizioni non proprio propizie. In effetti, nel corso della stagione, finite le tiepide giornate primaverili, si ustionano e seccano al sole. Tra l’altro da me hanno la tendenza ad ammalarsi di ramularia, sicché si seccano ancora di più. Per non farci mancare niente, ce n’è un gruppo che credo abbia un virus, ma mi spiace strapparle ed eliminarle, anche perché sembrano fiorire senza problemi. A tutto questo si aggiunge che, avendo già tante cose da innaffiare e non volendo sprecare acqua, le abbandono al loro destino fino ai primi acquazzoni di fine estate. Devo dire che sono molto, molto resistenti e sembrano sopravvivere a ogni privazione.

Ogni tanto, anche se non succede spesso, mi lascio tentare e acquisto qualche violetta nei soliti vasetti alveolati di plastica, come quelle della prima foto. Se ne trovano davvero di ogni colore, anche banalmente sulle bancarelle. Di solito non mi piace acquistare piante già pronte, preferisco la semina, la divisione, la talea. Ogni tanto però si può fare…

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