Hortus Incomptus | lato ovest
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Rigogliosa primavera

Posso dirmi abbastanza soddisfatto di quel che son riuscito a fare per il giardino. Tutto sommato, non è così male. Certo, ci sarebbero ancora infinite modifiche da apportare, ma mi piace anche centellinarmi gl’impegni su tempi lunghi, per avere sempre un progetto in cantiere, una speranza in serbo. Poi, si sa, se si hanno occhi per vedere, in un giardino come in una casa, non si può mai dire di aver finito. Ed è questo uno dei motivi che mi fanno amare il giardinaggio: mi sento come “trasportato in avanti”, sostenuto nello scorrere del tempo da un’ininterrotta progettualità. Vado a letto la sera enumerando mentalmente i lavori  in sospeso e mi addormento col sonno dei giusti sapendo di aver così tanto da fare e dare. Se mi aggredisce l’apatia o lo spleen, come a tutti almeno a volte succede, non ho che da guardarmi attorno per ritrovare la spinta ad agire, accumulando una stanchezza fisica che aiuta a dissipare le nebbie mentali o spirituali. In fondo, è una manifestazione del concetto di cura, che non può mai venir meno finché c’è vita. Può suonare blasfemo, ma è un po’ come l’amore parentale: cessa solo quando intercorre la separazione ultima.

Passando alla prosaica realtà…

Nel lato est il rosmarino, liberato dall’ombra molesta di un alloro fuori misura infestato dalla cocciniglia, ha ripreso a fiorire allegramente. La bordura di settembrini e rose che ho in mente per il confine è ancora in fieri: i settembrini li ho in parte comprati, in parte ottenuti da divisione dei cespi di piante esistenti; le rose da bordura, scelte tra quelle robuste e shade tolerant, le pianterò quando avrò tempo e denaro, in ogni caso dopo che gli organismi del terreno avranno un po’ degradato gli essudati dell’alloro e di alcuni vecchi cespugli di rose che ho espiantato. Infatti, sotto l’alloro non cresce proprio nulla per un bel raggio, mentre dove c’erano le rose non c’è questo problema, ma occorre comunque evitare il rischio di rigetto che si presenta talora al trapianto di una rosa laddove ne era vissuta un’altra. Per ora nelle aiuole che accoglieranno, finanze permettendo, le rose, ho seminato un miscuglio tipo sovescio, con molte piante mellifere. L’aiuola delle bocche di leone, stremate da un’ultima virulenta fiammata di ruggine (Puccinia antirrhini) lo scorso ottobre, è sparita, soppiantata da crisantemi che ho diviso. Le giuseppine ch’erano sotto l’alloro ora sono offese dal sole diretto e converrà trapiantarle (credo in vasi, da aggiungere nelle zone ombrose dove già ne ho diverse). Sempre a oriente, l’aiuola disordinata in cui crescevano Physalis alkekengi, peonie, Arum dracunculus, una rosa stentata, violette e molte erbacce è diventata un angolo ordinato con giuliette, settembrini, gigli di Sant’Antonio. Qua e là spuntano in ogni caso speronelle e fanciullacce (Nigella damascena), che devo far attenzione a non eliminare col diserbo (manuale). I gigli sono preda della criocera, manco a dirlo, ma per ora mi sto arrangiando con la lotta diretta (leggasi: stritolamento delle bestiole laccate di rosso tra le dita, con gran spargimento di sughi scarlatti). La magnolia non c’è più, sicché c’è più luce e spazio radicale per l’ibisco bianco, la deutzia, il gruppettino di lillà bianchi. Sempre lungo il lato est, si nota un attacco di ruggine alle pervinche, che fioriscono lo stesso. Nell’angolo in ombra: menta, melissa, colombine, prezzemolo che sale a seme. Lungo la casa, dove vorrei un giorno creare una bordura di ortensie, rispuntano le calle semideistrutte dal gelo, fiorisce Iberis sempervirens (mentre I. semperflorens è al termine), accumulano risorse per il futuro giacinti e narcisi, si apprestano a fiorire rose e garofanini dei poeti, oltre a un mare di giuliette (avrò esagerato?). C’è poi la zona delle peonie. In autunno le ho concimate con guano e cenere. Per carità, sarebbe stato meglio usare le scorie K (ex scorie Thomas), ma non disponendone ho cercato qualcosa che avesse buona dotazione di fosforo (per le radici) e potassio (per i fiori). Chissà…

C’è poi il lato sud, sul davanti. Quest’inverno avevo vissuto un piccolo lutto perché questo fazzoletto – dove l’anno scorso erano fioriti fiordalisi, papaveri, garofani, achillee, margherite, coreossidi e millanta altre specie, che si erano riseminati abbondantemente – per colpa di una perdita ha dovuto subire uno scavo con un escavatore meccanico che ha distrutto tutto. Temevo un deserto, quest’anno, ma la zona si è ripopolata velocemente di papaveri della California: sono nati a centinaia, fitti fitti, e non ho avuto cuore di diradarli. L’effetto sarà meno variegato e c’è il rischio che le piante si ammalino, così ravvicinate: vedremo! Sempre sul davanti, sono in fiore le facelie e uno o due giaggioli del tipo Iris pallida dalmatica, solo in parte scampati allo scavo, e forse ancora troppo deboli per una degna e ricca fioritura. Profumo sottile e dolce.

Il lato ovest è massacrato da un’epidemia feroce di ruggine delle malvacee. Puccinia malvacearum: famigerata compagna delle malvarose come la macchia nera lo è della rosa. L’anno scorso non aveva fatto notare la sua presenza e i miei malvoni, nati da sé da semi portati dal vento, erano fioriti belli sani senza ruggine persino a mezz’ombra. Quest’anno, invece… un disastro. Si fa presto a dire: eliminate le foglie colpite; da me non ci sono in pratica foglie indenni. Eppure, ho scelto di non intervenire, perché gli steli fiorali si stanno già preparando e sembrano molto grandi e pieni. In ogni caso, a fine stagione eliminerò tutte le piante e trapianterò – se l’avrò seminata – la cugina rust resistantAlthaea (o Alcea: solito guazzabuglio botanico-tassonomico) ficifolia, accontentandomi dei suoi fiori più semplici e dei colori meno attraenti. Stessa cosa farò per le bocche di leone, vittime della ruggine pure loro, sostituendole con piantine di una varietà resistente che ho già seminato.

Come sono prolisso! Tra l’altro sembra che il giardino sia enorme, mentre è davvero minuscolo!

Qui di séguito qualche foto.

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Petunia (Petunia pendula) nata da sé in un interstizio di fronte a casa, davanti al cancello. Già in fiore perché spuntata a settembre e miracolosamente sopravvissuta al gelo!

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Eccole, le pustole subfoliari della malefica crittogama: gonfie, turgide, ben pasciute malgrado la mia lotta con mezzi anodini (propoli, equiseto, rameici).

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Ultimo atto di primavera e sipario

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Gaura lindheimeri ‘Passionate Blush’

Gaura su sfondo di Iberis, speronelle, papaveri della California

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Di nuovo Gaura in vaso

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Connubio rosa-bianco

Ho acquistato qualche esemplare di Gaura da piantare in vaso. Vedendola in auge nelle aiuole di città – ormai molto ben progettate, sicuramente da paesaggisti – mi dava l’impressione di pianta tenace e indistruttibile. Ho dovuto scoprire che in realtà, quando sistemata nelle ristrettezze di una vaso, a solatio, necessita di annaffiature abbondanti e quotidiane. Me le immaginavo quali piante sicure in caso di vacanza breve, da poter lasciare all’asciutto per qualche tempo. Invece: fortuna che di vacanze non ne faccio, perché se si dimentica una sola sessione di bagnatura, la pianta s’intristisce e le fioriture non si aprono. In ogni caso, da un bilancio complessivo Gaura lindheimeri esce vittoriosa per le sue molte virtù e la sua estrema bellezza. Non ho pentimenti. Ne vorrei altre, ovunque. A volte mi prende un’ubriacatura per questa o quella pianta, e me ne immagino allora distese, ammassi, cascate. Ecco: un giardino tutto di gaure – un gioco da bambini fatto di asticelle sottili infisse nel terreno con sospese miriadi di farfalle di carta velina.

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Esplosiva fioritura di ligustro, visitatissimo dalle api. Uno dei vicini mi dice: “Che bello, deve averlo potato con sapienza!”, un altro: “Quand’è che riduce un po’ questa foresta?” – quot capita tot sententiae

Primo piano di speronella annuale: qui da me sono tutte di questo bel blu-viola e si riseminano qua e là da sé; durano, con gli ultimi fiori, fino ad agosto! Adorate dai bombi

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Un po’ guerriera, quest’ape all’assalto: verrà accolta da un morbido ed elastico reticolo bianco-verde di nigelle

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Fioritura di sedum in giallo e di una sudafricana in fuxia; non ne ricordo, però, il nome: non è Delosperma

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Attenzione: bombo in fase di atterraggio!

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Portulaca: tra le poche piante che non semino e compro “pronte”, per averle presto fiorite in giardino; da me vengono prese d’assalto e quasi uccise dal ragnetto rosso, che combatto con bagnature delle foglie due volte al giorno, finché regredisce (di per sé sarebbero piante che amano il secco, ma l’ama pure il ragnetto!)

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Luce un po’ fredda, per questa (come per altre) foto: ahimè, si fotografa pioggia e lavoro permettendo, negli scampoli di tempo libero. Un mare di papaveri rossi (che stanno sfiorendo in progressione) e una giungla di spighe erette e superbe di umili speronelle

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Coreossidi (portate dal vento), fiordalisi, portulache, coriandolo e molto altro in quest’altro intrico vegetale

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Il primo  margheritone (portato dal vento: i vicini ne hanno un’intera bordura), in mezzo ai fiordalisi

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Enorme infiorescenza di ortensia: è più grande del vasetto in cui ho ricavato la talea (e ha fiorito sùbito dal primo anno!)

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Hydrangea arborescens  ‘Annabelle’ si accinge a fiorire

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Stato dell’arte a metà mese

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Rosa inglese ‘Susan Williams-Ellis’ in vaso e, a fianco, una cortina di lussureggiante coriandolo nato da semi che ho gettato qua e là

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Rispetto ad altre rose inglesi, ha un portamento più eretto e composto; quasi esente da malattie, ma da me quel quasi significa argidi, macchia nera, cavallette…

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L’aiuola con papaveri, bocche di leone, giuliette – un’autentica giungla

Rose, speronelle, papaveri

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Papaveri della California: sono nati ovunque, un mare giallo-arancio

Rosa inglese in vaso ‘Princess Alexandra of Kent’ (fiori enormi e troppo penduli: spezzano i rami…); sullo sfondo: garofanini, iris e altre rose

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Fiordalisi

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Deutzia, credo: era già qui in giardino…

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L’estate scorsa, dopo una fioritura scarsa, l’ho potata bene; in autunno, ho concimato bene; ora, è esplosa!

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Antologia di inizio maggio

Ressa vegetale: tanto verde ma anche parecchie fioriture

Abbinamento rétro: rosa e calla

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Rosa ‘Susan Williams-Ellis’ (inglese, in vaso)

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Vera e propria giungla – papaveri esuberanti e grassi

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Mix creato dal caso: speronelle, bocche di leone, papaveri

Incontenibili, irrefrenabili, sfacciati papaveri

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Le api sono impegnate in un lavoro ebbro e febbrile, entrano ed escono con voluttà dai papaveri

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Piantine di spinacio della Nuova Zelanda – mi ri-chiedo: avrò un orto?

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Fioritura di Hydrangea anomala subsp. petiolaris

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Piantine di pisello odoroso (semi regalatimi), con sullo sfondo talee di Iberis semperflorens

Piccola giungla sul lato ovest: roselline bianche, iris, garofani, pesco

Fanciullaccia bianca

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Sedum e alisso

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Portulaca

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Sedum

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Un mare di papaveri: non avrei mai immaginato di poterli apprezzare così tanto…

Fiorisce Gaura lindheimeri

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Rosa rosa

Garofanino nato da sé

Rosa ‘Botticelli’ e ‘Marie Pavie/Pavié’

Strana ape dalla lunga proboscide

Rosa ‘Princess Alexandra of Kent’ (inglese di Austin)

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Fiordalisi

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Elogio alle bocche di leone

bocche di leone

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Queste piante non si possono che elogiare, in effetti. Sono prodighe e indefesse. Se si spuntano dopo la prima, spettacolare fioritura primaverile (qualcuno consiglia persino di potarle a 5 cm dal suolo), regalano altre due o tre fioriture, anche se più dimesse. Le si può trattare da annuali, biennali o perenni. Credo che la definizione precisa sia perennanti o perenni di breve durata, ma le mie cognizioni botaniche sono raccogliticcie ed empiriche, sicché potrei sbagliare. Per esperienza, posso dire che fioriscono più copiose il secondo anno. Da me sono piantate in semiombra, nel lato est e nel lato ovest. Poverine, si arrangiano con poco sole. E poca acqua: vedendo che si accontentano, praticamente non le innaffio mai. Nemici? Da me, la ruggine (Puccinia antirrhini) è arrivata solo quest’anno, mentre l’anno passato non ci sono stati problemi. Forse è per via della primavera molto piovosa. In ogni caso, se l’attacco non è pesante, possono riprendersi con una bella spuntata e una disinfezione con un prodotto rameico o un anticrittogamico più specifico. Poi ci sono cimici e cavallette, che da me pullulano. Hanno anche altri nemici, ma memorizzo solo quel che càpita a me, in giardino…

Le mie piante sono nate da seme, da una bustina comprata al discount. Per chi volesse evitare la ruggine, esistono in commercio varietà rust resistant. Io ho provato quest’anno anche delle bocche di leone profumate, Antirrhinum majus ‘Royal Bride’. Purportedly so, I’m afraid, nel senso che il fornitore inglese da cui mi sono approvigionato garantiva che lo fossero. Io non sento nulla, ma ho una lieve forma di iposmia, esito di anni di rinite allergica, pertanto forse è colpa mia. Sono in ogni caso molto belle, di colore bianco candido.

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Accostamenti felici

Son stato fortunato: lasciando fare alla Natura, con solo qualche piccolo intervento, si sono creati due abbinamenti felici di colore. Perlomeno, a me pare che il rosso dei papaveri e il blu delle speronelle (intendo Consolida ajacisDelphinium consolida, ossia i delfinii annuali, non quelli perenni così diffusi nei giardini inglesi) creino un contrasto efficace e piacevole. Lo dico malgrado le singole tinte, il rosso scarlatto e il blu-viola, non mi facciano impazzire, in giardino. Altra tessitura, frutto un po’ di mestiere un po’ del caso, è quella dei papaveri della California color arancio frammisti a garofanini, perlopiù rosa lilla rossi fuxia.

Con l’occasione, mi riprometto di essere meno spontaneista e naïf (anzi, meno attendista e pasticcione) e di compulsare qualche testo di teoria del colore e sugli accostamenti studiatamente organizzati per il massimo effetto estetico di armonia e contrasto. Mi viene in mente Penelope Hobhouse: la aggiungo sùbito alla to-read list. Ovviamente, consideràti il clima della mia zona, la natura del mio terreno, l’insipienza del mastro giardiniere, la personalità ora spartana ora esuberante (ma sempre incostante e volubile) del mio giardino, non mi propongo affatto di arricchirlo di bordure miste (che brutta traduzione “bordi misti”!) all’inglese. Sarà di nuovo la sindrome della volpe e dell’uva? Può darsi. Ad ogni modo, non credo che avrei la perizia e la costanza per creare e accudire una bordura mista “di scuola” (magari con le graminacee: Heaven forbid!).

Mi accontento di semplici (fortuiti) matrimoni, come questi.

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Carrellata di fioriture di metà aprile

Botticelli

Rosa ‘Botticelli’

aiuola di rose, fresie, alisso

Aiuoletta di rose con fioritura di alisso bianco e fresia

calendula

Calendula gialla

fiordalisi, papaveri della California, garofanini dei poeti

Fiordalisi, garofanini dei poeti, papaveri della California

fiordaliso azzurro

Fiordaliso azzurro

fiore di aspidistra (eppur fiorisce!)

Fiore di aspidistra (vero monstrum) – eppur fiorisce…

fiore ignoto con formica

Fiore ignoto con formica

fiordaliso lilla

Fiordaliso color lilla

fiore nato da sé

Fiore nato da sé

fresia bianca

Fresia bianca

fresie rosa

Fresie di color rosa

iris

Iris

mughetto

Mughetti

narcisi

Narcisi

nemofila

Nemofila (potremmo anche dire anemofila, visto che me l’ha portata il vento)

papavero della California crema

Papavero della California color crema

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Papavero rosso

pelargonio odoroso

Fiore di pelargonio odoroso ottenuto da talea

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Vista

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Altra vista

heuchera

Pannocchia fiorita di heuchera

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Rosa ‘Marie Pavié’ (o ‘Pavie’)

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violacciocche

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Ho una vera ossessione per le biennali (e altre annuali o perenni trattate come tali). Sin da quando seminavo e trapiantavo i garofanini dei poeti d’estate nel giardino dei miei, da bambino e adolescente. La passione si perpetua. I motivi sono fondamentalmente due: in primis si seminano in un periodo lavorativamente tranquillo (d’estate), con tutto il tempo di accudirle come si deve, in secundis sono tra le piante che meglio educano il giardiniere a esercitare a una delle virtù che più lo caratterizzano: la pazienza, visto che occorre aspettare che sia passato l’inverno per vederle fiorire.

Col termine “violacciocche” si designano due specie, in realtà: Matthiola incana e Cheiranthus cheiri (syn. Erysimum cheiri). Si somigliano, ma le prime hanno tipicamente tinte romantiche dal bianco al viola intenso (sono le stocks dei vecchi giardini inglesi), le seconde colori sgargianti e sfacciati dal giallo al rosso mattone. Sono entrambe brassicacee (o crucifere): come i cavoli, sono forti consumatrici di sostanze nutritive, e come i cavoli possono essere preda di cavolaie e altre pieridi. Sono calcofile, sicché mi piace mescolare al terreno in cui le metto a dimora un po’ di cenere di stufa (che andrebbe setacciata per eliminare i carboni, ma il mio spartano armamentario da giardiniere non comprende setacci, per ora…).

I semi delle violacciocche delle foto di oggi recavano sulla busta la dicitura “violacciocche di Nizza”. Le piantine sopravvissute alla calura estiva, al trapianto, all’inverno, a un’insidiosa e ostinata malattia fungina (credo si sia trattato di Peronospora matthiolae) sfoggiano fiori vinaccia e magenta. In teoria dovevano essere di vari colori, ma l’esito è stato questo: le due mattiole in vaso sono uscite magenta, le otto-dieci piantumate in un’aiuola sono risultate vinaccia. Meglio così: effetto più compatto e meno volgare. La natura a volte crea un effetto estetico più equilibrato di quello cui mira il giardiniere.

Mi viene in mente, a proposito, che la volgarità è uno dei grandi rischi dell’arte orticola (si dovrebbe dire così, giacché hortus è l’orto-giardino, come il garden, mentre molti adottano il nuovo conio “giardinicolo/giardiniero”, che a me non piace).

Dicevo: la volgarità, da cui non mi proclamo esente (come non sono esente in giardino da ingenuità, negligenza, leziosità, barocchismo, autoreferenzialità), è uno dei grandi rischi orticoli. Credo che evitare – per quanto possibile – il colore rosso possa aiutare, specialmente in un giardino di ridotte dimensioni. Come aiuta astenersi dal conformismo e dalla moda, scegliendo in base al gusto e non al mercato.

violacciocche di Nizza

violacciocca di nizza

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The little bit (two inches wide)…

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… of ivory on which I work with so fine a brush, as produces little effect after much labour. Non intendo nemmeno lontanamente paragonarmi alla geniale e malefica romanziera d’Albione, creatrice di partite a scacchi orchestrate come eleganti quadrighe, di lavori di bulino e cesello da labor limae maniacale. Né posso dire di aver profuso fatiche improbe nel mio pezzettino di verde. Insomma: mi veniva in mente quella frase per l’idea del “piccolo ma prezioso” che evoca. Le analogie finiscono lì.

Sono piuttosto orgoglioso dell’effetto globale del mio quadratino di verde, questa primavera. Soprattutto perché è il frutto felice del caso: non l’ho progettato a tavolino, anche perché le mie capacità progettuali sono scarse e sostenute da mezzi scarsi.

I protagonisti di questa sinfonia colorata sono heuchere, garofanini dei poeti, fiordalisi, violacciocche, papaveri della California, papaveri dei campi, acetoselle (Oxalis articulata). In una delle foto si nota anche una teoria di soffioni al vento, quel che rimane di un gruppo foltissimo di tarassachi. Sono così contento di non averli estirpati, come qualcuno mi suggeriva. Ho avuto il tempo di mangiarne, di goderne il giallo sfavillante, di osservarne con languore i soffioni che si spogliano a ogni bava – simbolo magari trito ma sempre struggente della fugace transienza di ogni cosa. Nothing gold can stay. 

Come si è creata questa confusione fiorita? Qualche aiuola, formale, l’ho piantumata tra fine estate e inizio autunno della stagione scorsa (quella poligonale dei garofanini e quella rettangolare delle violacciocche); altre, informali, si sono create da sé con quel che rimaneva di un prato fiorito misto che avevo seminato e visto fiorire per due-tre settimane. Le piante più caparbie si sono riseminate da sé, anche se – a dirla tutta – le avevo un po’ aiutate senza molta convinzione con qualche lancio a spaglio qua e là. E poi ci sono anche le essenze portate dal vento.

Confesso che quando ho letto (e riletto) I giardini venuti dal vento, non ho creduto davvero possibile emulare la demiurga autrice di quel libro e di quei meravigliosi giardini: non credevo fosse agevole riconoscere piante nate da semi portati dal vento e salvarle dal diserbo o comunque permettere loro di espandersi e colonizzare. Invece devo dire che non è difficile. Specie ora che sono circondato da piccoli giardini, alcuni a livello più alto del nostro, sicché l’azione del vento è facilitata dalla gravità.

Tra i doni ricevuti, e accolti con trepidazione e riconoscenza, ci sono in giardino e nei vasi diverse margheritone (Leucanthemum maximum), alcune malvarose, e ancora nemofile, petunie, bocche di leone. Il segreto, per chi difetta – come me – di approfondite cognizioni botaniche, è avere un appezzamento in cui crescono poche, tipiche, erbacce: in questo modo è facile, per contrasto, riconoscere piante “diverse” e, nel dubbio, lasciarle crescere con la speranza che siano fiori. D’accordo, la contrapposizione erbacce versus fiori da giardino si può dare per superata, ma penso di aver chiarito che cosa intendo.

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