Hortus Incomptus | Primavera
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Diserbare a mano: condanna o ascesi?

Ecco le mie violacciocche superstiti (sono pedante e scrivo la parola con due -cc-, come mi piacerebbe che la scrivessero anche gli altri; ma è un po’ come “caffellatte” e “sopralluogo”: non c’è verso di vederli scritti correttamente, anche da persone ben istruite…).

Tornando al giardinaggio, devo dire che i colori delle violacciocche sopravvissute mi piacciono, anche se le piante sono malridotte dopo i miei tentativi di salvarle da una crittogama o dall’asfissia radicale, togliendo tutte le foglie ingiallite o marce, ossia la maggior parte…

Oggi ho dedicato molto tempo a diserbare, a mano, lentamente. Non piove da un bel po’, ma alcune piante “infestanti” sono turgide e lussureggianti ugualmente. Ho tolto, in modo mirato, solo tre specie, da me già in pieno vigore: billeri (Cardamine hirsuta), occhietti della Madonna (Veronica sp.), centocchio comune (Stellaria media). Gli occhietti della Madonna sono molto belli quando formano folti cuscini, ma per apprezzarne i fiorellini azzurri occorre chinarsi o aguzzare la vista. Il centocchio produce fiorellini bianchi insignificanti; è commestibile, al pari delle altre citate, a quanto ne so, e se ne può fare una vellutata, ma da altre fonti desumo che va consumato con cautela per il contenuto di saponine. Forse è un po’ come Clematis vitalba, per cui vale la regola: poca, giovane, non da sola. Nel senso che è bene consumarla in piccole quantità, scegliendo solo getti giovani e mescolandola ad altre erbe. In ogni caso, sono molto diffidente e cauto, e in genere non raccolgo nulla, nemmeno se sono abbastanza certo dell’identità della pianta; l’unica erba che raccolgo e uso personalmente è il tarassaco: è difficile sbagliarsi e per di più è del tutto innocua, dato che gli unici effetti un po’ fastidiosi, se se ne abusa, sono quelli blandamente lassativi e diuretici.

Trovo davvero rilassante e rigenerante stare chino a togliere l’erbaccia. Per me la quintessenza dello zen o dello yoga. Si sta concentrati ma calmi a reiterare lo stesso gesto, ed è inevitabile che tutti gli altri pensieri inutili o ossessivi si dileguino, perché serve tutta la propria presenza mentale per strappare selettivamente solo le piante infestanti. Chissà se Tich Nath Han lo include tra le attività da fare con la massima presenza mentale per esercitarsi nella pratica della consapevolezza…

Insomma, un ricorso moderato al diserbo è senz’altro una forma di ascesi (che non vuol dire “ascesa”, ma esercizio spirituale, dal greco áskēsis). Però, che fatica! La schiena indolenzita riporta alla realtà. Più avanti in stagione, specie dopo le piogge, può diventare anche una condanna, nel senso che le malerbe spuntano ovunque, sono caparbie e prolifiche, quasi ineliminabili…

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Soprattutto bulbose

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Un mare di narcisi. “Primavere”, le chiama qualcuno. E non è un caso. Sono a mezz’ombra, per questo i fiori non sono così numerosi come potrebbero (se ne vedono masse di un giallo abbagliante in certe aiuole spartitraffico). And then my heart with pleasure fills, / And dances with the daffodils. 

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Un narciso di tipo diverso. Uno di quelli che mi regalò, qualche anno fa, Valeria. Non ho tenuto le targhette con il nome dell’ibrido: questo è il terzo trapianto, poverini…

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Che gioia, i virgulti rubino delle peonie! Un miracolo che si ripete di anno in anno. Mi ripropongo di fare due trattamenti col verderame (uno a rametti rossi belli alti e uno poco prima della fioritura), per prevenire la cladosporiosi che due anni fa ha deturpato le piante, pur senza stroncarle.

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Violette e bergenie: uno splendore…

… mentre le violacciocche sono venute malissimo. Ne ho seminate di doppie, bellissime nelle foto del catalogo di Chiltern Seeds. Ma fin dall’esordio è stato un disastro. A luglio, quando le ho seminate, sono nate senza difficoltà, in quantità industriale. Già pregustavo distese di profumatissime violacciocche di tinte meravigliose. Invece già al primo trapianto nei vasettini ho subìto una vera moria dovuta a nemici temibili attirati dalla torba che uso per le semine: gli sciaridi. Le larve di questi moscerini mangiucchiano le radichette dei semenzali, che si afflosciano su di sé e periscono. Ne ho salvate comunque un bel po’ e ho fatto il secondo errore: per farle riprendere, anche sapendo che sono della famiglia dei cavoli, ho esagerato con la concimazione: sono diventate tutte frondose, con foglie grandi da palme tropicali. Durante l’inverno poi si sono ammalate di muffa grigia e forse anche di asfissia radicale, per via dell’umidità stagnante che qui tutto ricopre e infradicia per mesi: foglie gialle e gemme ammuffite e distrutte. Avrei dovuto dare almeno due passate di verderame, ma d’inverno latitano le giornate libere, soleggiate, asciutte, e in cui il giardiniere non sia preda di umor nero. Risultato? Violacciocche striminzite, alcune decapitate, uno schifo.

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Violacciocca.

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Bucaneve. Uno solo in tutto il giardino, come l’anno passato; vedrò di rimpinguare, quest’autunno.

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Bulbosa minuscola e meravigliosa. Per sbaglio ne ho pestate altre due identiche. Non so che cosa sia, però…

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Pratoline: ce ne sono ovunque, al sole. Più le si pesta, taglia, trascura e meglio vengono.

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Elleboro: finalmente! L’anno scorso non mi ha degnato di fioritura. Dicono che gli ellebori siano come le peonie: dopo il trapianto fanno gli offesi per un po’. Sto aggiungendo cenere al terreno perché sono calcofili.

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Narcisi, fiorituri…

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Si riparte

Le temperature si sono alzate e le giornate sono perlopiù soleggiate o variabili. Non sempre piovose come la scorsa primavera. Si prospettano un risveglio anticipato e un bel daffare con le innaffiature dei vasi e non solo. Forse i miei narcisi a mezz’ombra riusciranno a fiorire tutti, senza abortire per l’eccesso di umidità.

Un rapido giro del giardino: tutto verdeggia e si prepara a esplodere. Ci sono violette davvero ovunque. Ne ho di tre tinte: le classiche viola sul davanti e nel lato est, un tipo più sul lilla o lavanda o mauve nel lato ovest, un tipo bianco nel vaso con la melissa. Poi ci sono varie viole residuate da piante comprate, ma disseminandosi hanno perso i colori originari.

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Aquilegia in vaso, da seme (i semi li ho rubati da un giardino del quartiere, abbandonato, che a mezz’ombra ad aprile è una distesa sterminata di aquilegie, che sembrano un paesaggio incantato). L’anno scorso ha fiorito poco, speriamo meglio quest’anno.

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Violette.

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Altre violette.

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Sedum (ora dovrebbe essere Hylotelephium) che si prepara a esplodere.

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Bergenie. Hanno un sacco di fiori, quest’anno. Certo, sono frugali e robuste, ma trattandole bene si esibiscono in fioriture spettacolari.

Iberis semperflorens, da talea. Sto cercando di rinnovare il “parco piante” perché l’esemplare che ho ereditato è un po’ disordinato. Qui in quartiere ce l’hanno tutti, l’iberide. Ha i fiori da circa un mese, un vero fiore invernale.

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Ultimo atto di primavera e sipario

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Gaura lindheimeri ‘Passionate Blush’

Gaura su sfondo di Iberis, speronelle, papaveri della California

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Di nuovo Gaura in vaso

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Connubio rosa-bianco

Ho acquistato qualche esemplare di Gaura da piantare in vaso. Vedendola in auge nelle aiuole di città – ormai molto ben progettate, sicuramente da paesaggisti – mi dava l’impressione di pianta tenace e indistruttibile. Ho dovuto scoprire che in realtà, quando sistemata nelle ristrettezze di una vaso, a solatio, necessita di annaffiature abbondanti e quotidiane. Me le immaginavo quali piante sicure in caso di vacanza breve, da poter lasciare all’asciutto per qualche tempo. Invece: fortuna che di vacanze non ne faccio, perché se si dimentica una sola sessione di bagnatura, la pianta s’intristisce e le fioriture non si aprono. In ogni caso, da un bilancio complessivo Gaura lindheimeri esce vittoriosa per le sue molte virtù e la sua estrema bellezza. Non ho pentimenti. Ne vorrei altre, ovunque. A volte mi prende un’ubriacatura per questa o quella pianta, e me ne immagino allora distese, ammassi, cascate. Ecco: un giardino tutto di gaure – un gioco da bambini fatto di asticelle sottili infisse nel terreno con sospese miriadi di farfalle di carta velina.

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Esplosiva fioritura di ligustro, visitatissimo dalle api. Uno dei vicini mi dice: “Che bello, deve averlo potato con sapienza!”, un altro: “Quand’è che riduce un po’ questa foresta?” – quot capita tot sententiae

Primo piano di speronella annuale: qui da me sono tutte di questo bel blu-viola e si riseminano qua e là da sé; durano, con gli ultimi fiori, fino ad agosto! Adorate dai bombi

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Un po’ guerriera, quest’ape all’assalto: verrà accolta da un morbido ed elastico reticolo bianco-verde di nigelle

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Fioritura di sedum in giallo e di una sudafricana in fuxia; non ne ricordo, però, il nome: non è Delosperma

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Attenzione: bombo in fase di atterraggio!

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Portulaca: tra le poche piante che non semino e compro “pronte”, per averle presto fiorite in giardino; da me vengono prese d’assalto e quasi uccise dal ragnetto rosso, che combatto con bagnature delle foglie due volte al giorno, finché regredisce (di per sé sarebbero piante che amano il secco, ma l’ama pure il ragnetto!)

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Luce un po’ fredda, per questa (come per altre) foto: ahimè, si fotografa pioggia e lavoro permettendo, negli scampoli di tempo libero. Un mare di papaveri rossi (che stanno sfiorendo in progressione) e una giungla di spighe erette e superbe di umili speronelle

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Coreossidi (portate dal vento), fiordalisi, portulache, coriandolo e molto altro in quest’altro intrico vegetale

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Il primo  margheritone (portato dal vento: i vicini ne hanno un’intera bordura), in mezzo ai fiordalisi

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Enorme infiorescenza di ortensia: è più grande del vasetto in cui ho ricavato la talea (e ha fiorito sùbito dal primo anno!)

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Hydrangea arborescens  ‘Annabelle’ si accinge a fiorire

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Visioni d’insieme

Eccezionalmente, pubblicherò numerose foto in formato gigante, in questo post. Vuole essere un omaggio alla Natura, che mi ha regalato questa primavera una distesa di fiori variopinti sul lato sud del mio fazzoletto vegetale. La cosa è nata un po’ per caso: la maggior parte dei fiori si sono riseminati da sé dalla precedente stagione. I veri protagonisti (vedettes, direbbe Maria Gabriella Buccioli) sono i papaveri della California, che stanno fiorendo e rifiorendo indefessi da giorni, contenti di non ricevere innaffiature e di vivere di un terreno parco, non concimato. L’arancio non è un colore che gradisco in modo precipuo, ma devo dire che la texture vellutata di questi fiori è meravigliosa. Altri comprimari di quest’intrico multicolore sono le calendule, il coriandolo, i garofanini dei poeti, le coreossidi, i papaveri dei campi, i fiordalisi. Ondeggiano al vento, scintillano al sole, punteggiati di farfalle e altri insetti operosi. Un vero tripudio.

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Gioia e fatica

Dopo qualche ora di lavoro in giardino, a braccia conserte lascio spaziare lo sguardo all’intorno; sono accaldato e sento la stanchezza nelle membra. Mi accorgo che c’è altro da fare: a woman’s work is never done – and a gardener’s…. Tuttavia,  un senso di pienezza mi pervade: non è felicità, non è entusiasmo – solo semplice gioia. Res severa est verum gaudium... In effetti, è un senso rotondo di pacificazione col Tutto, privo di punte d’eccitazione. Un sentimento pacato, pieno, profondo; consapevole anche del male, del brutto, del non-finito ma con loro piena accettazione. Certo, siamo prima di tutto corpo e non nego che l’ossigenazione dopo l’esercizio in giardino abbia la sua parte nel dare alla mente questo senso nitido di armonia. Eppure prevale in questo momento la certezza di essere soprattutto spirito, che si fonde e si eleva su ogni cosa.

Ripongo gli attrezzi, rigenerato a nuova vita da un momento così fugace ma così denso di consapevolezza. Mi sovvengono dei versi, a frammenti. Vado a frugare in libreria, leggo e ritrovo nei versi il connubio gioia-fatica che sembra restare come condensato dopo una giornata di lavoro in giardino. Ovviamente, i paralleli sono esili, il contesto tutt’altro.

Der ist der Herr der Erde,/Wer ihre Tiefen misst/Und jeglicher Beschwerde/In ihrem Schoß vergisst.

E poi:

Er sieht ihr alle Tage/Mit neuer Liebe zu,/Und scheut nicht Fleiß und Plage;/Sie lässt ihm keine Ruh.

Proprio così: un rapporto d’amore, per certi versi anche tirannico ed esoso, ci lega alla terra quando vogliamo umanizzarla col nostro lavoro… Ma quanta gioia, quanta dedizione, quanta gratitudine!

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Altri accostamenti più o meno felici

Aiuola con alisso bianco, rosa ‘Marie Pavié’ e ‘Botticelli’; sullo sfondo Oxalis articulata (maledetta infestante!), altre rose, speronelle, peonie, portulaca (chi la vede??).

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Mi piace il connubio che si è creato da sé tra le pannocchie viola intenso delle speronelle e il bianco-verde dell’ortensia. Sarebbe ancora più bella una cortina scura d’edera al posto del nudo cemento grigio, ma tant’è…

Postilla: per “speronelle” intendo quelle annuali (Consolida ajacisDelphinium consolida), non i fiori del delfinio perenne.

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Stato dell’arte a metà mese

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Rosa inglese ‘Susan Williams-Ellis’ in vaso e, a fianco, una cortina di lussureggiante coriandolo nato da semi che ho gettato qua e là

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Rispetto ad altre rose inglesi, ha un portamento più eretto e composto; quasi esente da malattie, ma da me quel quasi significa argidi, macchia nera, cavallette…

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L’aiuola con papaveri, bocche di leone, giuliette – un’autentica giungla

Rose, speronelle, papaveri

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Papaveri della California: sono nati ovunque, un mare giallo-arancio

Rosa inglese in vaso ‘Princess Alexandra of Kent’ (fiori enormi e troppo penduli: spezzano i rami…); sullo sfondo: garofanini, iris e altre rose

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Fiordalisi

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Deutzia, credo: era già qui in giardino…

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L’estate scorsa, dopo una fioritura scarsa, l’ho potata bene; in autunno, ho concimato bene; ora, è esplosa!

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Lady peonia

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Le peonie sono un po’ ritrose e pudiche nei primi anni dopo l’impianto, perché mal sopportano gli spostamenti. Bisogna avere pazienza e attendere finché si concederanno con pienezza, regalando fioriture eleganti, sensuali, carnose, vellutate.

La mia peonia ‘Gardenia’, qui sopra, ha dato solo due fiori per tre piante. L’ho impiantata l’autunno scorso. Invece la pianta di peonia delle foto qui sotto, con fiori di un rosso ciliegia, non troppo cupo, simili a un sontuoso velluto, è già ben accestita e l’ho trovata qui in giardino quando ci siamo trasferiti. Nelle foto ne tratteggio la cronistoria, questa primavera, dall’esplosione iniziale alla sfioritura, pochi giorni dopo; nell’ultima foto la dama procace e raffinata ha perduto la sua opulenza, è ridotta a una donna scarmigliata, discinta, che si straccia le vesti. Devouring time! Basta l’arco di pochi giorni e la bellezza attesa per un anno intero in un soffio si spampana e muor

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fine

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Luogo dell’anima

C’è in me un mai sopito anelito all’anacoretismo (ho adorato la Zarri, i suoi libri, i suoi giardini). Quando mi ci abbandono, il mio giardinetto diventa nell’immaginazione ciò che non è: hortus conclusus e locus amoenus. Mi abbandono alla sua bellezza, così fragile ma anche piena, così acerba ma a tratti perfetta. Allora un frammento di quest’universo, con la sua bellezza, mi riconcilia con me stesso e, in parte, con l’umanità e il mondo, anche se in absentia. Decantano le frustrazioni e si placa la rabbia per le mille meschinità, brutture, piccinerie che il vivere in società ci porta a incontrare. In ultimo sarà sempre la bellezza a salvarci, come singoli e come genere umano.

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Encomio delle giuliette

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Già ho intessuto le lodi delle giuliette – che di solito chiamo semplicemente “campanelle”, anche se il termine può riferirsi a centinaia di fiori molto diversi. Devo dire che si sono acclimatate molto bene e hanno fiorito con estrema generosità. Ho perduto solo una o due piante per disseccamento improvviso (dovuto chissà se a FusariumVerticillium). Mi è dispiaciuto molto, perché è successo poco prima della fioritura, dopo che la trepidazione e l’attesa erano montate per settimane… Sono sempre sorprendenti, le biennali: resistono praticamente senza fare una piega all’inverno e in primavera sono un’esplosione di vigore. Occorre, tuttavia, che nell’estate-autunno pregressi siano riuscite ad accumulare le necessarie energie, pena la mancata fioritura. Questione di tempismo e, come sempre, di fortuna.

C’è da chiedersi perché io non ne abbia più piante, visto che sono così belle. La risposta è presto data: dalla semina alla fioritura possono intercorrere svariate calamità. Intanto, i semini sono minutissimi e difficili da gestire; la semina avviene quando fa molto caldo, sicché basta sbagliare posizione o dimenticare un turno di innaffiatura ed è sùbito strage. In fase di ripicchettamento e trapianto qualche pianta va persa. Non mancano lumache e chiocciole appena dopo il trapianto, specie se l’autunno è (com’è di norma) umido e piovoso. Qualche pianta non attecchisce. Qualcuna non ha tempo di accestire prima dell’inverno. Infine, quelle rimaste devono ancora sopravvivere a funghi e insetti. Non che le giuliette siano particolarmente sensibili: tutt’altro. Eppure, mi sorprendo sempre di quante piante si perdano per strada… Mi riprometto, quindi, per la stagione prossima, di seminare più volte e con cura, all’ombra, e di trapiantare entro metà settembre, in posizione ben soleggiata. Mi faccio anche l’appunto mentale di provare a prevenire i funghi del terreno con un buon mix di micorrize. Speriamo bene…

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Antologia di inizio maggio

Ressa vegetale: tanto verde ma anche parecchie fioriture

Abbinamento rétro: rosa e calla

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Rosa ‘Susan Williams-Ellis’ (inglese, in vaso)

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Vera e propria giungla – papaveri esuberanti e grassi

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Mix creato dal caso: speronelle, bocche di leone, papaveri

Incontenibili, irrefrenabili, sfacciati papaveri

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Le api sono impegnate in un lavoro ebbro e febbrile, entrano ed escono con voluttà dai papaveri

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Piantine di spinacio della Nuova Zelanda – mi ri-chiedo: avrò un orto?

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Fioritura di Hydrangea anomala subsp. petiolaris

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Piantine di pisello odoroso (semi regalatimi), con sullo sfondo talee di Iberis semperflorens

Piccola giungla sul lato ovest: roselline bianche, iris, garofani, pesco

Fanciullaccia bianca

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Sedum e alisso

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Portulaca

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Sedum

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Un mare di papaveri: non avrei mai immaginato di poterli apprezzare così tanto…

Fiorisce Gaura lindheimeri

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Rosa rosa

Garofanino nato da sé

Rosa ‘Botticelli’ e ‘Marie Pavie/Pavié’

Strana ape dalla lunga proboscide

Rosa ‘Princess Alexandra of Kent’ (inglese di Austin)

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Fiordalisi

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Elogio alle bocche di leone

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Queste piante non si possono che elogiare, in effetti. Sono prodighe e indefesse. Se si spuntano dopo la prima, spettacolare fioritura primaverile (qualcuno consiglia persino di potarle a 5 cm dal suolo), regalano altre due o tre fioriture, anche se più dimesse. Le si può trattare da annuali, biennali o perenni. Credo che la definizione precisa sia perennanti o perenni di breve durata, ma le mie cognizioni botaniche sono raccogliticcie ed empiriche, sicché potrei sbagliare. Per esperienza, posso dire che fioriscono più copiose il secondo anno. Da me sono piantate in semiombra, nel lato est e nel lato ovest. Poverine, si arrangiano con poco sole. E poca acqua: vedendo che si accontentano, praticamente non le innaffio mai. Nemici? Da me, la ruggine (Puccinia antirrhini) è arrivata solo quest’anno, mentre l’anno passato non ci sono stati problemi. Forse è per via della primavera molto piovosa. In ogni caso, se l’attacco non è pesante, possono riprendersi con una bella spuntata e una disinfezione con un prodotto rameico o un anticrittogamico più specifico. Poi ci sono cimici e cavallette, che da me pullulano. Hanno anche altri nemici, ma memorizzo solo quel che càpita a me, in giardino…

Le mie piante sono nate da seme, da una bustina comprata al discount. Per chi volesse evitare la ruggine, esistono in commercio varietà rust resistant. Io ho provato quest’anno anche delle bocche di leone profumate, Antirrhinum majus ‘Royal Bride’. Purportedly so, I’m afraid, nel senso che il fornitore inglese da cui mi sono approvigionato garantiva che lo fossero. Io non sento nulla, ma ho una lieve forma di iposmia, esito di anni di rinite allergica, pertanto forse è colpa mia. Sono in ogni caso molto belle, di colore bianco candido.

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Accostamenti felici

Son stato fortunato: lasciando fare alla Natura, con solo qualche piccolo intervento, si sono creati due abbinamenti felici di colore. Perlomeno, a me pare che il rosso dei papaveri e il blu delle speronelle (intendo Consolida ajacisDelphinium consolida, ossia i delfinii annuali, non quelli perenni così diffusi nei giardini inglesi) creino un contrasto efficace e piacevole. Lo dico malgrado le singole tinte, il rosso scarlatto e il blu-viola, non mi facciano impazzire, in giardino. Altra tessitura, frutto un po’ di mestiere un po’ del caso, è quella dei papaveri della California color arancio frammisti a garofanini, perlopiù rosa lilla rossi fuxia.

Con l’occasione, mi riprometto di essere meno spontaneista e naïf (anzi, meno attendista e pasticcione) e di compulsare qualche testo di teoria del colore e sugli accostamenti studiatamente organizzati per il massimo effetto estetico di armonia e contrasto. Mi viene in mente Penelope Hobhouse: la aggiungo sùbito alla to-read list. Ovviamente, consideràti il clima della mia zona, la natura del mio terreno, l’insipienza del mastro giardiniere, la personalità ora spartana ora esuberante (ma sempre incostante e volubile) del mio giardino, non mi propongo affatto di arricchirlo di bordure miste (che brutta traduzione “bordi misti”!) all’inglese. Sarà di nuovo la sindrome della volpe e dell’uva? Può darsi. Ad ogni modo, non credo che avrei la perizia e la costanza per creare e accudire una bordura mista “di scuola” (magari con le graminacee: Heaven forbid!).

Mi accontento di semplici (fortuiti) matrimoni, come questi.

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